L’Unione Nazionale Camere Minorili, riunita a Catania in occasione del IV° CONGRESSO NAZIONALE, alla luce dell’enorme clamore mediatico suscitato da un episodio di cronaca avente ad oggetto le particolari modalità di esecuzione di un provvedimento della magistratura minorile, osserva quanto segue.
Siamo consapevoli, in quanto avvocati che si occupano di diritto minorile e di famiglia, che il provvedimento di allontanamento di un minore rappresenta l’extrema ratio di un iter giudiziario che, prima di ogni altro intervento, promuove il recupero della genitorialità ed il sostegno alla famiglia.
Siamo consapevoli, altresì, che nell’ambito della giurisdizione minorile l’attuazione di tali provvedimenti sia estremamente dolorosa e complessa.
Non possiamo trascurare, inoltre, il fatto che simili interventi vengano adottati nel superiore interesse del minore e che, pertanto, debbano essere necessariamente eseguiti per non snaturare la funzione cogente del provvedimento.
E’ chiaro che, ove i genitori non adempiano e non collaborino al fine di rendere per il minore meno traumatico l’allontanamento, la magistratura deve disporlo avvalendosi di professionisti esperti e, quindi, dell’ausilio e dell’intervento dei Servizi Sociali tenuti ad eseguire il provvedimento.
Il provvedimento può essere attuato presso la scuola o in altri luoghi in cui, non essendo presente la famiglia, l’esecuzione può risultare meno difficoltosa e penalizzante per il bambino.
Laddove tali modalità non possano trovare attuazione è previsto l’intervento delle Forze dell’Ordine, solo in ausilio dei Servizi.
In assenza di una specifica disciplina normativa in materia, soccorrono le “Linee guida per i processi di sostegno e di allontanamento del minore” approvate nel 2010 dal tavolo tecnico cui presero parte l’Associazione Italiana Magistrati per i Minorenni e per la Famiglia, il Consiglio Nazionale Forense, il Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Assistenti Sociali, il Consiglio Superiore della Magistratura, la Commissione Minori dell’Associazione Nazionale Magistrati e l’Associazione Nazionale Comuni Italiani.
Ciò premesso, è necessario stigmatizzare la divulgazione delle immagini che ritraggono il minore e la conseguente violazione del suo diritto alla riservatezza, ancor più rilevante in un momento così delicato e doloroso della sua esistenza.
Il processo mediatico si è così sovrapposto al processo celebrato nelle aule del Tribunale per i Minorenni e della Corte d’Appello, amplificando esponenzialmente ed inutilmente la sofferenza per la persona minore d’età che lo ha subito.
Riteniamo grave che i media si siano prestati a siffatte strumentalizzazioni, trincerandosi dietro il “diritto di cronaca” al solo fine di suscitare clamore e di aumentare l’audience o le tirature dei giornali, così ponendo in essere un’ulteriore violenza nei confronti del minore.
E’ evidente che il “grande pubblico” non sia in grado di valutare e comprendere vicende e decisioni che richiedono competenze giuridiche e che presuppongono la conoscenza reale dei fatti alla base dei provvedimenti.
Auspichiamo l’intervento del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, affinché spettacolarizzazioni di questo tipo non abbiano più a verificarsi, ritenendo la tutela dell’interesse del minore e la riservatezza delle notizie che lo riguardano prevalenti rispetto all’asserito diritto di cronaca, nel rispetto della Carta di Treviso che all’art. 4 vieta “sensazionalismi e qualsiasi forma di speculazione” nei casi di controversie giudiziarie in tema di affidamento dei figli.
Rammentiamo, infine, che nelle proposte di modifica del Codice Deontologico Forense elaborate dall’Unione Nazionale Camere Minorili è espressamente previsto che nei procedimenti familiari e minorili gli avvocati, nel rapportarsi con la stampa, debbano adottare estrema cautela, premurandosi anche di sensibilizzare i propri assistiti al fine di evitare qualsiasi esposizione mediatica che possa turbare e/o compromettere la serenità del minore.
Catania, 13 ottobre 2012
Il Presidente
Avv. LUCA MUGLIA
L’Unione Nazionale Camere Minorili, riunita a Catania in occasione del IV° CONGRESSO NAZIONALE, alla luce dell’enorme clamore mediatico suscitato da un episodio di cronaca avente ad oggetto le particolari modalità di esecuzione di un provvedimento della magistratura minorile, osserva quanto segue.
Siamo consapevoli, in quanto avvocati che si occupano di diritto minorile e di famiglia, che il provvedimento di allontanamento di un minore dalla famiglia o da un genitore rappresenta l’extrema ratio di un iter giudiziario che, prima di ogni altro intervento, promuove il recupero della genitorialità ed il sostegno alla famiglia.
Siamo consapevoli, altresì, che nell’ambito della giurisdizione minorile l’attuazione di tali provvedimenti sia estremamente dolorosa e difficoltosa.
Non possiamo trascurare, inoltre, il fatto che tali tipologie di interventi vengano adottati nel superiore interesse del minore e che, pertanto, debbano essere necessariamente eseguiti per non snaturare la funzione cogente del provvedimento.
E chiaro che, ove i genitori non adempiano e non collaborino al fine di rendere per il minore meno traumatico l’allontanamento, la magistratura deve disporlo avvalendosi di professionisti esperti e, quindi, dell’ausilio e dell’intervento dei Servizi Sociali tenuti ad eseguire il provvedimento.
Il provvedimento può essere attuato presso la Scuola o in altri luoghi in cui, non essendo presente la famiglia, l’esecuzione può risultare meno difficoltosa e penalizzante per il bambino.
Solo laddove tali modalità non possano trovare attuazione è previsto l’intervento delle Forze dell’Ordine in ausilio dei Servizi.
Del resto, in assenza di una specifica disciplina normativa in materia, soccorrono le “Linee guida per i processi di sostegno e di allontanamento del minore” approvate nel 2010 dal tavolo tecnico cui presero parte l’Associazione Italiana Magistrati per i Minorenni e per la Famiglia, il Consiglio Nazionale Forense, il Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Assistenti Sociali, il Consiglio Superiore della Magistratura, la Commissione Minori dell’Associazione Nazionale Magistrati e l’Associazione Nazionale Comuni Italiani.
Ciò premesso, ai più attenti non sarà sfuggito che il “caso mediatico” sia stato strumentalmente ingenerato dalla famiglia del minore che, a conoscenza del provvedimento di allontanamento, ha registrato e, ciò che è ancor più grave, ha diffuso le immagini che ritraggono il minore, violando in tal modo il diritto alla riservatezza dello stesso in un momento così delicato della sua esistenza.
Il processo mediatico si è così sovrapposto al processo celebrato nelle aule del Tribunale per i Minorenni e della Corte d’Appello, amplificando esponenzialmente ed inutilmente dolore e sofferenza per la persona minore d’età che lo ha subito.
Riteniamo grave che i media si siano prestati a siffatte strumentalizzazioni, trincerandosi dietro il “diritto di cronaca” al solo fine di suscitare clamore e di aumentare l’audience o le tirature dei giornali, così ponendo in essere un’ulteriore violenza nei confronti del minore.
E’ evidente che il “grande pubblico” non sia in grado di valutare e comprendere vicende e decisioni che richiedono competenze giuridiche e che presuppongono la conoscenza reale dei fatti alla base dei provvedimenti.
Auspichiamo, per concludere, l’intervento del Garante Nazionale per l’Infanzia e l’Adolescenza e dell’Ordine Professionale dei Giornalisti, affinché spettacolarizzazioni di questo tipo non abbiano più a verificarsi, ritenendo la tutela dell’interesse del minore e la riservatezza delle notizie che lo riguardano prevalenti rispetto all’asserito diritto di cronaca, nel rispetto della Carta di Treviso che all’art. 4 vieta “sensazionalismi e qualsiasi forma di speculazione” nei casi di controversie giudiziarie in tema di affidamento dei figli.
Rammentiamo, infine, che nelle proposte di modifica del Codice Deontologico Forense elaborate dall’Unione Nazionale Camere Minorili è espressamente previsto che nei procedimenti familiari e minorili gli avvocati, nel rapportarsi con la stampa, debbano adottare estrema cautela, premurandosi anche di sensibilizzare i propri assistiti al fine di evitare qualsiasi esposizione mediatica che possa turbare e/o compromettere la serenità del minore.
Catania, 12 ottobre 2012
Il Presidente
Avv. LUCA MUGLIA
Preg.mo
Dr. Marco Mancinetti
Ministero della Giustizia
Dipartimento per gli Affari della Giustizia
Via Arenula, 70
R O M A
Oggetto: Tavolo tecnico “ Accesso alla professione Forense”
Gentile dott. Mancinetti,
rispondendo alla Sua richiesta pervenuta in data 24 settembre u.s. l’UNIONE NAZIONALE CAMERE MINORILI formula sui temi all’oggetto le seguenti proposte.
a. Sul tema della specializzazione:
Tra gli scopi principali dell’U.N.C.M. vi è quello di promuovere lo studio, la ricerca, la formazione e la divulgazione del diritto minorile e della famiglia, nonché di contribuire alla qualificazione degli avvocati nei procedimenti in materia di famiglia e minorili (civili e penali), dei difensori del minore persona offesa dal reato, dei curatori e dei tutori.
All’avvocato minorile e di famiglia, che interviene nei procedimenti civili e nel processo penale in difesa del minore (imputato/ vittima di reato) o che viene nominato tutore/curatore speciale del minore, è affidata la tutela dei diritti umani e fondamentali e dei diritti dei minori in particolare ed esercita il proprio ruolo tecnico- professionale in materie delicate1 svolgendo una funzione sociale .
L’U.N.C.M., quindi, guarda con favore alla regolamentazione normativa delle specializzazioni forensi, avendone sollecitato più volte nel corso degli anni l’attuazione in concreto (cfr comunicati sulla Riforma della professione pubblicati sul sito www.camereminorili.it) e formula le seguenti proposte di modifica al testo del Senato (AC 3900, XVI legislatura) nel testo licenziato l’11 giugno 2012
b. Sull’accesso alla professione : tirocinio professionale
Si condividono le nuove misure relative all’accesso della professione, previste negli art. 39 e 41 della proposta di legge in esame e in particolare la previsione che: i. la pratica sia svolta per la durata di mesi 24 (non essendo condivisibile la diversa previsione di cui all’art.9, comma 6 del decreto-legge n.1/12 essendo il tirocinio finalizzato all’acquisizione delle conoscenze pratiche relative all’esercizio della professione); ii. il tirocinante debba frequentare corsi di formazione biennali in aggiunta alla pratica forense con un esame finale; iii. l’incompatibilità dell’attività di tirocinio con il rapporto di pubblico impiego; iv. la corresponsione di un adeguato compenso al praticante avvocato commisurato all’apporto dato per l’attività svolta (condividendo formulazione indicata nell’art. 41, comma 8 della Commissione Giustizia)
c. Sul corso universitario
In considerazione della funzione sociale cui l’avvocato è chiamato a rispondere per il rafforzamento della tutela dei diritti fondamentali l’UNCM ritiene indispensabile inserire nel corso di laurea lo studio delle materie che nelle svolgimento futuro della specializzazione daranno accesso ai titoli per conseguire la specializzazione e, in particolare, corsi di diritto di famiglia e di diritto minorile civile e penale.
Per un ‘ effettiva conoscenza delle modalità di svolgimento della futura professione è altresì necessario prevedere corsi propedeutici di argomentazione giuridica e argomentazione forense e ciò per favorire, attraverso lo studio di opportuni stili di ragionamento, di comunicazione e di stesura degli atti, la futura trattazione efficiente del processo.
Con i migliori saluti
LUCA MUGLIA
Presidente
UNIONE NAZIONALE CAMERE MINORILI
Note:
1 in Europa si definisce “giurisdizione delle relazioni” quella in cui il giudice viene chiamato a decidere in ordine alla vita privata e familiare di una persona, intervento che secondo l’ordinamento costituzionale multilivello deve essere limitato (art. 8 C.E.D.U.) alla misura necessaria alla “protezione della salute o della morale o dei diritti e delle libertà altrui”.