Linee guida settore psico-sociale U.N.C.M.

L’attività congressuale del Settore Psico-sociale dell’U.N.C.M., durante lo studio e l’approfondimento all’interno del relativo sottogruppo, si è articolata muovendo dall’esame delle Relazioni di sintesi scritte, fatte pervenire da alcune Camere Minorili territoriali (Palermo, Verona, Catania, Emilia-Romagna, Cosenza, L’Aquila, Milano, Catanzaro e Picena), e dal conseguente confronto tra tutti i rappresentanti delle Camere Minorili territoriali, presenti all’incontro (Bari, Capitanata, Catania, Cosenza, Emilia-Romagna, Firenze, Lecce, Milano, Reggio Calabria e Taranto), con la preziosa partecipazione del Dott. Ignazio Grattagliano.

L’esame del primo tema individuato (Le finalità educative nel processo minorile: il ruolo dell’avvocato) è stato compiuto in sinergia e collaborazione con il Settore Penale dell’U.N.C.M. (Resp. Avv. Tiziana Petrachi), al fine di poter utilmente confrontarsi sui peculiari aspetti dell’istituto analizzato, che presenta molteplici caratteristiche tipicamente oggetto di studio nell’altro Settore.

Per i medesimi aspetti di comunanza tra i due ambiti, anche l’esame del primo tema individuato dal Settore Penale (I modelli di trattamento sanzionatorio nel processo penale minorile: esame della normativa vigente e prospettive di riforma) è stato effettuato in sinergia e collaborazione con il Settore Psico-sociale, al fine di condividere gli esiti delle rispettive soluzioni raggiunte.

Con riferimento, al primo tema individuato dal Settore Psico-sociale dell’U.N.C.M. <<Le finalità educative nel processo minorile: il ruolo dell’avvocato>>, sul quale notevole è stato il confronto e la dialettica tra i presenti, principalmente in rapporto alla sentita necessità di conferire ancor maggiore vigore ad un istituto così importante per il perseguimento delle finalità educative del processo penale minorile, qual è l’istituto della M.A.P., si è pervenuti alle seguenti conclusioni:

  1. si è ritenuto che l’istituto della M.A.P. debba essere conservato nella sua struttura di funzionamento attuale, con dei necessari ed opportuni correttivi, che ne razionalizzino ancor più il funzionamento, oltre che la reale efficacia, affinché vengano concretamente soddisfatte le finalità educative di tale strumento. A tal proposito si reputa di notevole utilità la lettura definitiva dei dati – in fase di raccolta attraverso il noto Questionario del Settore Penale – che renderà visibile la sussistenza delle diverse prassi, applicate dalle Autorità Giudiziarie minorili sul territorio nazionale. Si è ribadito, peraltro, che sia auspicabile una maggiore partecipazione del minorenne e del suo difensore alle fasi di predisposizione del progetto di intervento, nonchè di evoluzione del progetto medesimo, con la possibilità di prevedere delle verifiche intermedie sull’andamento del progetto di M.A.P. in contraddittorio tra le parti.
  2. si è proposto, altresì, di prevedere l’istituzione di una figura specializzata, che possa verificare l’effettivo andamento del progetto e che sia diversa dall’organo (di regola l’U.S.S.M.) che normalmente è preposto alla predisposizione del progetto medesimo, affinché tale soggetto (indicato con il termine di “controllore della probation”) possa garantire il più possibile un reale ed efficace percorso rieducativo del minore, che non sia tale solo in termini teorici, precisando, tuttavia, che – in ogni caso – si debba scongiurare il rischio che la M.A.P. possa tradursi in una sorta di <<accanimento educativo>>.
  3. si è, pertanto, convenuto sulla necessità che l’avvocato del minore autore di reato non possa che essere adeguatamente formato, specializzato ed in grado di far comprendere al minore quali siano le finalità educative di un processo – quello penale minorile – che altrimenti nulla di peculiare risulterebbe avere rispetto all’ordinario processo penale ed, a tal proposito, si è auspicata la massima diffusione della pratica di tavoli di lavoro tecnici tra avvocati, psicologi, assistenti sociali ed altre figure professionali specialistiche per rendere effettiva ed efficace la collaborazione tra tutti gli operatori interessati, in vista del risultato ultimo di aiutare il minore autore di reato ad un percorso di matura responsabilizzazione.
  4. si è, tuttavia, sottolineato che un simile ruolo dell’avvocato, al quale viene espressamente richiesto di collaborare attivamente per far recepire al minore le finalità educative del processo penale minorile, non può e non deve in alcun modo snaturare quello che è e deve rimanere il ruolo del difensore: la doverosa attenzione per le finalità educative, perseguite con il processo penale minorile, non può in alcun modo contrastare con quelle che sono le regole processuali, le quali mai potranno essere intaccate nella loro essenza più profonda.
  5. si è, di conseguenza, affermato che il difensore (e non soltanto il giudice) ha il dovere di illustrare all’imputato “il significato delle attività processuali che si svolgono in sua presenza nonché il contenuto e le ragioni anche etico-sociali delle decisioni” (art. 1 comma 2° D.P.R. 448/1988), atteso che l’avvocato è colui che è – tra i primi – ad entrare in contatto con il minore e che meglio conosce l’ambiente familiare e sociale di provenienza del minore medesimo; sicchè al difensore spetta il compito di chiarire al minore autore di reato la ratio degli istituti processuali minorili (ivi compresa la mediazione), nonchè la strategia processuale, ritenuta più idonea per soddisfare la primaria esigenza di rapida fuoriuscita dal circuito penale, soffermandosi altresì su valutazioni che possano riguardare l’eventuale sussistenza di un conflitto di interessi con i genitori del minore.
  6. si è, infine, condivisa la posizione di prevedere un approccio interdisciplinare – allo stato attuale del tutto insufficiente ed inadeguato – da parte dell’avvocato nel processo penale minorile, affinché il D.P.R. 448/1988 venga riempito di contenuti in tutti i molteplici riferimenti alle finalità educative del processo penale minorile, per rendere tali finalità effettivamente attuabili e per far sì che ci sia una piena consapevolezza su quali siano i modelli educativi, a cui si debba tendere per un concreto recupero del minorenne autore di reato.
  7. si è, da ultimo, evidenziato che debba essere richiesta una adeguata formazione e specializzazione, nonché un continuo e costante aggiornamento dell’avvocato che sia nominato curatore speciale o tutore provvisorio del minore nei procedimenti de potestate, in rapporto ai quali sussista un conflitto di interessi fra il minore ed i suoi genitori, con l’espressa sottolineatura che anche in tale ambito all’avvocato viene attribuito un ruolo squisitamente educativo.

Con riferimento, invece, al primo tema individuato dal Settore Penale, <<I modelli di trattamento sanzionatorio nel processo penale minorile: esame della normativa vigente e prospettive di riforma>>, dopo la rinnovata e unanimemente condivisa posizione sull’opportunità di prevedere nuovi e/o diversi trattamenti sanzionatori per i minorenni, si è pervenuti alle seguenti conclusioni:

  1. si è ritenuto, preliminarmente, di dover prendere in considerazione, quale punto di partenza per l’elaborazione di un efficace intervento modificativo/innovativo sulla vigente normativa in materia, la Proposta di Legge n. 3912 (presentata alla Camera dei Deputati il 29.11.2010 sulla base della “Proposta di modifiche al D.P.R. 448/88 e al D.Lvo 272/89 in materia di sanzioni previste nella sentenza di condanna e al codice penale in materia di pene irrogabili ai soggetti che hanno commesso reati nella minore età” elaborata nel 2007 dal Dipartimento della Giustizia Minorile), che mira ad intervenire sull’attuale sistema sanzionatorio mediante modifiche degli artt.17 e 27 C.P., per quanto concerne le pene applicabili agli autori di reato minorenni, con contestuale eliminazione della pena pecuniaria ed arricchimento delle misure irrogabili dal Giudice minorile in sede di condanna. Vengono, in sostanza, previsti tre scaglioni di pena, a ciascuno dei quali corrisponde un binomio di sanzioni sostitutive applicabili, con la conseguenza pratica che, quando il T.M. ritiene di irrogare una pena entro il limite di due anni, può condannare alla semidetenzione o alla libertà controllata, mentre se il limite massimo è di un anno, è possibile applicare le sanzioni della permanenza domiciliare oppure dell’obbligo di svolgere un’attività riparatoria tra quelle appositamente specificate (con il necessario presupposto del consenso del minore); è previsto, infine, che se il limite massimo della pena da irrogare è di mesi sei, il giudice può orientarsi per una condanna alla pena della permanenza domiciliare nei fine settimana o per una condanna ad una sanzione a contenuto interdittivo (individuate fra il divieto di assumere bevande alcoliche; il divieto di frequentare luoghi o persone; il divieto di allontanarsi dall’abitazione in determinate fasce orarie; il divieto di allontanarsi dal comune di residenza; il divieto di utilizzare mezzi di trasporto privati; il divieto di guidare veicoli a motore).
  2. si è, pertanto, condiviso lo spirito della Proposta di Legge n.3912 di identificare nuove sanzioni sostitutive alla detenzione in sede di condanna, sanzioni sostitutive che consentono una maggiore individualizzazione del trattamento sanzionatorio ed aumentano in modo considerevole la fruibilità concreta di misure extracarcerarie, ma si è ritenuto parimenti di dover prevedere espressamente che qualsivoglia trattamento sanzionatorio nei riguardi di minorenni sia sempre adeguato alla personalità del minore e sia sempre orientato al perseguimento delle finalità educative, alla cui realizzazione è diretto l’intero processo penale minorile, anche nella fase esecutiva della pena.
  3. nel sostenere con risolutezza condivisa che tutti i nuovi possibili trattamenti sanzionatori per i minorenni condannati debbano essere sempre “coniati” nell’ottica delle finalità educative cui concretamente mirano, si è affermato all’unanimità che, nella suddetta Proposta di Legge n.3912, debbano essere meglio specificati sia i criteri di applicazione che i termini di durata degli stessi nuovi trattamenti sanzionatori, prevedendo, in particolare, misure (quali, a mero titolo esemplificativo, si indicano: lavori di utilità sociale; obblighi di permanenza domiciliare in orari o giorni stabiliti; collocamento in comunità educativa o terapeutica a secondo del caso; ecc.), la cui irrogazione sia rimessa alla sola Autorità Giudiziaria. Nel ribadire, poi, che la sanzione detentiva carceraria debba essere mantenuta quale l’ultima soluzione praticabile, anche e soprattutto nell’ipotesi in cui gli altri trattamenti sanzionatori non si rivelino efficaci dal punto di vista rieducativo, si è insistito sulla necessità di prevedere – anche per la fase esecutiva del trattamento sanzionatorio – una figura specializzata di controllo, che sia preposta alla verifica sull’efficace esecuzione della pena, onde soddisfare concretamente l’esigenza delle finalità educative perseguite.

Con riferimento al secondo tema individuato <<La sindrome da alienazione genitoriale (Pas): i nodi problematici e metodi di accertamento>>, la discussione tra i presenti è stata particolarmente efficace e costruttiva anche al fine di fugare i luoghi comuni e le strumentalizzazioni che sono state effettuate sul tema da operatori e non del diritto.
Alcuni necessari chiarimenti sono stati unanimemente condivisi e considerati essenziali, al fine di operare delle scelte opportune in materia.

  1. Preliminarmente si è sottolineato che la c.d. “sindrome da alienazione genitoriale”, non è una sindrome clinica e, per tale ragione, non vi può essere una diagnosi clinica, ma essa è un disturbo psicologico che si manifesta nel momento separativo della coppia coniugale.
  2. Il “conflitto coniugale” diventa “conflitto genitoriale”, che spesso porta verso il coinvolgimento distruttivo dei figli, i quali, a loro volta, diventano mezzi per acquisire maggior potere nel conflitto.
  3. Per tale ragione si è unanimemente ritenuto che, nella fase separativa, molto utile – in termini preventivi – è lo strumento della mediazione familiare, condotta da figure adeguatamente formate a definire gli aspetti di genitorialità necessari, onde evitare il “sistema globale degli antagonismi”.
  4. Si è condiviso che una separazione, condotta da avvocati specializzati, può determinare una sensibile deflazione della conflittualità, che normalmente genera quanto descritto nella Pas.
  5. Tale “sindrome” presenta dei notevoli nodi di problematicità, che riguardano l’accertamento di tale violenza psico-emozionale.
  6. La modalità di accertamento della Sindrome da Alienazione Genitoriale, non puo’ che essere la Consulenza Tecnica Psicologica.
  7. Tale accertamento non viene concesso facilmente da magistrati, a volte impreparati in materia, e, viceversa, laddove concesso, necessita di tempi lunghi e non sempre viene effettuato da specialisti competenti, determinando un ulteriore danno al minore, nonchè una sproporzionata dilatazione dei tempi processuali.
  8. Per tali ragioni si è ritenuta valida la proposta di una doppia consulenza (una sui genitori e l’altra sul minore), effettuate da due professionisti diversi, ma entrambi esperti, che potranno fotografare più compiutamente ed in tempi ridotti tale disagio all’interno del più complesso quadro familiare.
  9. Naturalmente, in presenza di una reale ed accertata presenza di tale “sindrome”, necessaria sarà la parte trattamentale, a cui gli operatori coinvolti a vario titolo dovranno apportare il loro supporto in base alle specifiche competenze.
  10. Solo in mancanza di una valida collaborazione delle parti in tal senso, potrà, in via residuale, essere prevista una ipotesi sanzionatoria. Altrettanto necessario sarà, poi, l’utilizzo di spazi neutri per il recupero del rapporto figlio-genitore alienato.

Il dibattito si è concluso sostenendo e sottolineando l’obbligo deontologico, gravante sugli avvocati minorili, di specializzazione e di acquisizione di una cultura multidisciplinare, che consenta di comprendere condotte patologiche dei propri assistiti, al fine di cooperare e sollecitare il sostegno necessario.
A tale fine si è, altresì, condivisa la necessità di elaborare dei protocolli sulle consulenze tecniche di ufficio, che determinino conseguentemente delle prassi condivise e virtuose.

Con riferimento al terzo tema individuato, <<Minori e scuola: l’educazione alla legalita’ e la prevenzione della devianza in ambito minorile>> il confronto è stato interessante ed ha avuto come importante spunto il contributo delle seguenti Camere Minorili: Picena, d’Abruzzo e Cosenza. Successivamente all’evento congressuale è pervenuto anche il contributo della Camera Minorile di Milano.
E’ stata una importante occasione per ribadire la rilevanza delle finalità dell’educazione alla legalità.
Il dibattito ha avuto ad oggetto la sintesi delle esperienze condotte, a livello locale, dalle tre Camere Minorili sopra indicate (Picena, d’Abruzzo e Cosenza), che hanno rivolto la loro attenzione ad alcune scuole primarie di classe quarta e quinta ed alle scuole medie secondarie, sia inferiori che superiori.
Da tali esperienze è emerso con chiarezza l’assoluta importanza del ruolo della scuola nella diffusione della coscienza e conoscenza di una cultura della legalità, che passi attraverso la comprensione della centralità del rispetto delle norme del vivere sociale e dell’altro da sé, oltre che la presa d’atto della responsabilità delle proprie scelte. Il risultato delle sperimentazioni, insieme alla discussione emersa, hanno pertanto consentito di giungere alle seguenti conclusioni:

  1. si è ritenuto, preliminarmente, di evidenziare che, dal momento che il diritto accompagna la vita di ogni essere umano fin dall’infanzia, è fondamentale conoscere e interiorizzare le regole che guidano i rapporti della convivenza e che, in tal senso, appare fondamentale offrire alle nuove generazioni la possibilità di conoscere le ragioni profonde dei doveri che vengono imposti e dei diritti che vengono concessi. In tal senso l’acquisizione di una approfondita conoscenza dell’organizzazione della società e delle regole di convivenza civile e il rafforzamento dalla base dei principi fondamentali, nazionali e sovranazionali, sottesi ai concetti di cittadinanza e di tutela della legalità, si propone come un aspetto della “emergenza educativa”, che interessa il mondo degli adolescenti e dei giovani al punto che, con una nuova denominazione, ha trovato ingresso nelle scuole di ogni ordine e grado la materia scolastica dell’educazione alla convivenza civile: ad essa devono essere dedicate 33 ore annuali (ovvero un’ora alla settimana), sia nel primo che nel secondo ciclo (pari a 429 ore nella carriera scolastica di un alunno), con lo scopo dichiarato di diffondere una autentica cultura dei valori civili e democratici. Si è convenuto che l’aspetto innovativo dell’intervento vedrà l’educazione alle relazioni affettive in stretta connessione con quella alla legalità, senza che questo debba sembrare uno sconfinamento su un terreno improprio. Infatti è fin troppo evidente quanto siano rilevanti le relazioni affettive che, laddove si costituiscono ed evolvono positivamente, si pongono come basi di relazioni interpersonali sociali e giuridiche improntate al rispetto reciproco e alla solidarietà, mentre, laddove manchino o siano viziate, producono violenza, sopruso, negazione del diritto.
  2. Si è condiviso, di conseguenza, che, trattandosi di un fenomeno complesso, per gestirlo è necessario il coinvolgimento di tutte le agenzie formative in cui si sviluppa la personalità del minore. Nello stesso tempo assume rilievo la responsabilizzazione del minore, da perseguire anche attraverso un’esatta qualificazione giuridica dei profili di responsabilità collegati alle singole condotte. La scuola, insieme alla famiglia, deve riuscire a far passare agli alunni, che saranno i cittadini di domani, il messaggio che l’Educazione non è un insieme di vuote formalità, bensì un’abitudine al rispetto degli altri e di sé, quindi un elemento essenziale della società: essere educati ed avere consapevolezza di esserlo, è una spinta fondamentale per acquisire autostima, cioè il rispetto, anzitutto, della propria persona. Alla luce di quanto innanzi considerato, sono state individuate tre aree di intervento: 1) Cittadinanza (sei Stato tu?); 2) Legalità e relazioni sociali (prevenzione bullismo e microcriminalità); 3) Legalità e relazioni affettive (love-and-law). Sono stati, inoltre, individuati gli obiettivi generali del progetto, che prevedono il coinvolgimento di classi di scuola primaria, media e superiore, distribuite sul territorio provinciale ove sono dislocate le Camere minorili, per far conoscere le fonti normative delle regole giuridiche: la Costituzione italiana, i suoi valori ed i principi fondamentali; le funzioni e le prerogative delle istituzioni democratiche per comprenderne il ruolo; il fondamento dei diritti umani; promuovere un processo di interiorizzazione delle regole; sensibilizzare al discrimine tra lecito e illecito; far acquisire categorie culturali improntate al rispetto della persona, dei suoi diritti e dei suoi doveri; indurre a comprendere il senso della propria identità e dell’appartenenza alla società civile; stimolare ad acquisire e rafforzare la capacità di criticare e contrastare attivamente fenomeni di prevaricazione e violenza. Sono stati, poi, previsti degli obiettivi specifici per area e per target che per le tre aree di intervento si adatterà nei contenuti e nella metodologia ai destinatari a cui è rivolto: Preadolescenti = alunni delle classi quarta e quinta della scuola primaria, Adolescenti = alunni delle tre classi della scuola primaria di II livello, Adolescenti e giovani = alunni delle cinque classi della scuola secondaria.
  3. In generale si è stabilito che, per l’area “Cittadinanza – Sei Stato tu?”, il progetto, nell’arco di due anni scolastici, si porrà come obiettivo quello di trasformare in competenze personali le seguenti conoscenze ed abilità: acquisire il concetto di cittadinanza; conoscere le varie forme di governo; apprendere i simboli dell’identità nazionale e delle identità regionali; fare propri i concetti di diritto/dovere, libertà responsabile, identità, pace, sviluppo umano, cooperazione, sussidiarietà; capire l’importanza del singolo come individuo e nelle formazioni sociali in cui si svolge la sua personalità; mettere in atto comportamenti di autonomia, autocontrollo, fiducia in sé e nell’altro, riuscendo a manifestare il proprio punto di vista e le esigenze personali in forme corrette e argomentate nel rispetto del punto di vista altrui; avvalersi in modo costruttivo e corretto delle strutture e dei servizi del territorio; riconoscere l’importanza e la funzionalità delle regole e delle leggi nei diversi ambienti di vita quotidiana; capire l’importanza delle amministrazioni locali e studiare le forme ed il funzionamento di esse.
  4. Per l’area “Legalità e relazioni sociali” gli obiettivi specifici individuati sono: riconoscere alcuni comportamenti “sociali” come legali o come episodi di bullismo; acquisire consapevolezza delle conseguenze di comportamenti antigiuridici (responsabilità civile e penale); acquisire conoscenze e informazioni circa le caratteristiche fondamentali del processo civile minorile e di famiglia, gli istituti tipici del processo penale minorile e la struttura del sistema sanzionatorio minorile, nonché le differenze rispetto al processo penale degli adulti; acquisire conoscenze e informazioni relative ad alcuni reati in particolare (ad es. furto, rapina, sequestro di persona, minacce, ingiurie, percosse, violenza privata, lesioni personali dolose e colpose, consumo e abuso di sostanze stupefacenti, maltrattamenti in famiglia, stalking, reati a sfondo sessuale, etc).
  5. Per l’area “Legalità e relazioni affettive”, infine, si è concordato che gli obiettivi specifici ulteriori saranno: riconoscere comportamenti di adescamento; apprendere tecniche di difesa e di fuga; individuare le figure di riferimento adulte con cui confidarsi e alle quali chiedere aiuto; consolidare la fiducia negli adulti; aiutare i coetanei in difficoltà mediante il supporto di loro pari opportunamente formati (“Peer support system”). Per le scuole superiori ai suddetti obiettivi andranno aggiunti quelli legati alla individuazione di ipotesi relazionali, in cui vengano coinvolti rapporti amicali, affettivi, sessuali di minorenni tra di loro e di minorenni con maggiorenni; eventuali disfunzioni dei rapporti, disagi connessi e le conseguenze sia in termini sociali che giuridici; la sensibilizzazione della comunità scolastica (docenti, genitori e alunni) attraverso momenti di informazione su tematiche riguardanti la prevenzione dell’abuso, della pedofilia e della pedopornografia e il monitoraggio della rete internet per i minori; approfondire gli aspetti legali e giuridici di casi concreti agganciandoli agli aspetti emotivo-relazionali.
  6. E’ stato sostenuto e condiviso che, in ordine alle modalità esecutive, ciascuna Camera avrà autonomia di operatività. Tendenzialmente si vorrà favorire la costituzione di un gruppo multidisciplinare (avvocati, magistrati, psicologi ed educatori) che, in sinergia con l’Università/Ricerca e con il Settore Formazione dell’UNCM, predisporrà ed attuerà l’attività formativa teorico-pratica, ricorrendo – ove possibile – anche allo strumento del protocollo d’intesa con i Ministeri e i Dipartimenti competenti. Si è convenuto, inoltre, sulla necessità che il progetto venga supportato da un adeguato piano di comunicazione con lo specifico obiettivo di rendere visibili, al di fuori del contesto dei partecipanti, le attività svolte e favorire un effetto diffusivo della buona prassi attuata. Il piano prevederà una iniziale azione di media relation (tv, radio, carta stampata quotidiana e periodica, web) e un apposito press kit multimediale. La stessa attività verso i media rappresenterà la spina dorsale del piano di comunicazione: attraverso puntuali comunicati stampa e attività di recall si provvederà a dare diffusione e rilievo a tutte le diverse fasi del progetto. Si è, infine, valutato di perseguire anche la strategia dell’informazione diretta ai cittadini.
  7. Per questo motivo potrà essere attivato un sito web, specificamente dedicato al progetto, il cui indirizzo verrà diffuso in tutte le occasioni e su tutti i materiali prodotti durante lo svolgimento dell’attività. Nel sito, oltre alla descrizione del progetto, verranno raccolti tutti i materiali prodotti dai partecipanti e verranno documentati i momenti più significativi delle varie fasi (interviste a testimoni privilegiati, processi simulati, visita di studio ecc.). Una sezione del sito sarà specificamente rivolta ai docenti, sempre nella logica della riproducibilità della buona prassi. Un’altra sezione del sito sarà, invece, dedicata ai commenti dei partecipanti. Si è prevista, altresì, la realizzazione di un logo del progetto, da utilizzare per una comunicazione ed una riconoscibilità immediata delle attività ad esso legate, nonché per la produzione di eventuale merchandising e gadget dedicati ai partecipanti. Tutte le attività del piano di comunicazione vedranno il coinvolgimento di eventuali soggetti finanziatori.

Firenze, 22 ottobre 2011

Avv. Katia DI CAGNO
Responsabile Nazionale Settore Psico-sociale U.N.C.M.