Linee guida settore penale U.N.C.M.

Nel corso del conseguente confronto tra i rappresentati delle Camere Minorili territoriali, presenti all’incontro, si è inteso ribadire – da parte della C.M. di Sassari – l’opportunità di valutare un incremento della durata massima (sino a 5 anni) del progetto di M.A.P., quanto meno per i reati di maggiore gravità, da individuarsi nominativamente ovvero con riferimento alla soglia massima della pena edittale, dal momento che si reputa inefficace per questi reati il contenimento nei 3 anni della durata massima della misura.
Si è, tuttavia, evidenziato – da parte di altri autorevoli rappresentanti intervenuti – che detta posizione dovrà tenere conto necessariamente della effettiva efficacia di un intervento rieducativo superiore agli attuali 3 anni quale limite massimo, in considerazione della circostanza che talora è stato possibile verificare che proprio l’eccessiva durata del progetto di M.A.P. ha potuto pregiudicare l’esito positivo della prova medesima, in quanto si è realizzato il rischio di “inchiodare” il minore al fatto-reato, che ha dato origine alla M.A.P., per troppo tempo, impedendo al ragazzo di allontanarsi da ciò che ha commesso per intraprendere un nuovo percorso di vita, non soddisfacendo il fondamentale principio di favorire la più rapida fuoriuscita del minore dal circuito penale.
Molto apprezzamento ha, inoltre, ricevuto la proposta di valutare la possibilità di predisposizione di apposite Linee Guida su quella che dovrebbe essere la tecnica difensiva dell’avvocato minorile in ambito penale, tenendo conto delle proposte di modifica al Codice Deontologico Forense, già avanzate dall’U.N.C.M. al C.N.F. nell’anno 2012.
Parimenti interessante è risultata, infine, la proposta della C.M. di Roma di promuovere, nelle diverse realtà locali, la predisposizione di appositi Protocolli tra Avvocati e Servizi Sociali Ministeriali (U.S.S.M.), finalizzati alla predisposizione condivisa dei progetti di messa alla prova, onde consentire la realizzazione dell’auspicato obiettivo di una maggiore e più consapevole partecipazione del minore all’intervento educativo pensato per il suo recupero sociale.
Ciò che è sembrato emergere prepotentemente, all’esito del complessivo esame dei due temi congressuali, è stato il comune pensiero che solo un itinerario pedagogico, fatto di sfide e di rischi, ma altrettanto aperto a sorprendenti possibilità di cambiamento, rende possibile che i minori-autori di reato (che per la mentalità comune sono solo dei delinquenti, specialmente se stranieri) sono in fondo ragazzi e basta, da amare, accogliere e sostenere nella ricerca della propria identità e umanità. E’ parso così di cogliersi, tra le righe, il chiaro messaggio che la “straordinaria avventura dell’educare” appartiene a ciascuno ed, in particolare, a ciascuno di coloro che operano per la Giustizia. E non è restato, allora, che avviarsi a riflettere ulteriormente, muovendo da un pensiero particolarmente profondo di Claudio Burgio: “Sono angeli sul mio cammino. Sono cuori violenti spesso per disperazione. Più vado avanti, più mi convinco di una cosa: non esistono ragazzi cattivi”.

Ascoli Piceno, 28 settembre 2013.

Avv. Tiziana PETRACHI
Responsabile Nazionale Settore Penale U.N.C.M.