Educazione alla legalità tra mente e cuore
Educazione alla legalità tra mente e cuore
L’attività congressuale del Settore Internazionale dell’U.N.C.M. si è svolta offrendo un approfondimento di studio sulle seguenti tematiche, concordate con lo stesso direttivo UNCM, attesa la particolare importanza ed attualità:
In merito al primo tema individuato (La mediazione nei procedimenti di famiglia: esperienze europee a confronto) sono state raccolte le esperienze invalse nella prassi degli ordinamenti stranieri.1
L’approfondimento si è svolto mediante l’elaborazione e l’analisi di questionari cui hanno risposto mediatori di famiglia stranieri (alcuni anche avvocati, altri di professioni psico-sociali) tutti di chiara fama internazionale.
In questo modo è stato possibile verificare, direttamente con l’ausilio degli esperti, l’evoluzione e lo stato dell’istituto della mediazione come concretamente inteso ed applicato in diversi Paesi europei.
Sono stati censiti gli ordinamenti giuridici dei seguenti Paesi:
Si è anzitutto verificato se il ricorso alla mediazione sia obbligatorio oppure solo facoltativo nell’ambito dei procedimenti giudiziari in materia di separazione, divorzio e/o affidamento dei minori.
In particolare, ci si è soffermati sulla disciplina (legislativa, giurisprudenziale e/o meramente pratica) della mediazione in ambito familiare, anche evidenziando da chi, in che modo e quando i genitori in conflitto giudiziario siano informati della possibilità di ricorrere alla mediazione.
Dal momento che, spesso, la mediazione avviene prima del giudizio, oppure poco successivamente all’introduzione dello stesso, l’indagine ha inteso chiarire in quale modo essa si raccorda con la procedura giudiziaria in corso: è stato perciò richiesto agli esperti stranieri di indicare quale sia, mediamente, il tempo che il Giudice è solito concedere alle parti perché le stesse giungano ad un accordo in fase di mediazione.
È stato domandato se la figura del mediatore sia formalizzata, e quindi se esista un albo dei mediatori specializzati nei procedimenti di diritto di famiglia e minore; in ogni caso, si è chiesto se l’ordinamento impone il possesso di determinati requisiti e/o di determinate competenze per esercitare il ruolo di mediatore.
Poiché scopo della mediazione è giungere alla conclusione di un accordo che regoli i rapporti tra le parti coinvolte nel conflitto, si sono esaminati i requisiti formali di validità ed efficacia che tale accordo deve possedere perché lo stesso possa dispiegare effetti vincolanti o comunque idonei a regolare consensualmente la frattura della famiglia.
Dal momento che la crisi della coppia genitoriale, inevitabilmente, si riflette negativamente sulla serenità e sull’equilibrio dei figli, si è voluta approfondire una questione di particolare delicatezza: se sia prevista la partecipazione dei minori nel procedimento di mediazione, e secondo quali modalità e quali tutele.
I dati raccolti ed elaborati hanno inoltre riguardato un altro aspetto di notevole rilevanza: l’eventuale partecipazione degli avvocati delle parti alla mediazione, ed il loro ruolo all’interno della stessa.
È noto che l’efficacia di un istituto procedurale è direttamente connessa alla sua accessibilità da parte dei consociati; condizione primaria per una proficua fruizione della mediazione è la possibilità, per le persone economicamente disagiate, di ricorrere alla stessa senza oneri aggiuntivi: è stato quindi richiesto se la mediazione familiare sia contemplata dalla legislazione nazionale in tema di patrocinio gratuito per i non abbienti.
La mediazione, per sua stessa natura, è tendenzialmente deformalizzata e concettualmente scissa dal “giudizio”; ciò non può avvenire a detrimento delle fondamentali garanzie riconosciute all’individuo nel processo: ci si è perciò domandati se i presidi che sovrintendono al procedimento giudiziario civile (in tema di testimonianza, di temi riferibili o meno al giudice, di protezione della confidenzialità) trovano applicazione in fase di mediazione, e se gli istituti propri della mediazione – con protezione della eventuale riservatezza e confidenzialità connesse alla stessa – siano protetti all’interno del processo, analizzando quindi i rapporti tra “mediazione” e “giudizio”, e l’utilizzabilità, in giudizio, di quanto acquisito in fase di mediazione.
Infine, sono state richieste le percentuali di successo/insuccesso della mediazione.
Il questionario ha fatto emergere una rilevante varietà di prassi operative, ma si è evidenziata una comune linea di tendenza: l’istituto della mediazione familiare, anche in virtù delle peculiarità deflattive del contenzioso, sta assumendo un’importanza sempre maggiore.
Proprio per questo, infatti, la legislazione dei vari Paesi europei si sta evolvendo e prevede incentivi che promuovono e facilitano il ricorso alla mediazione familiare, sia prima della fase giudiziale sia nel corso della medesima, con l’obiettivo, se non proprio di evitare la frattura del nucleo familiare, quantomeno di pervenire ad una consensualizzazione del conflitto.
In merito al secondo tema individuato (Diritti e minori nella giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo)2 si sono evidenziate le seguenti aree di approfondimento:
Ciascun ambito tematico è stato dettagliatamente analizzato, sia alla luce del dato normativo della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (ed in particolare: art. 8 Conv. sul diritto al rispetto della vita privata e familiare) sia a fronte delle più rilevanti pronunce della Corte di Strasburgo.
In particolare, quanto al diritto del figlio di accedere alle proprie origini, e quindi di conoscere l’identità dei propri genitori, la giurisprudenza CEDU ha affrontato il tema del c.d. “parto anonimo” correlato al diritto di accesso alle origini eventualmente concesso al figlio adottivo: il criterio discretivo per individuare l’eventuale violazione dell’art. 8 Conv. consiste nel verificare se vi è stato un giusto bilanciamento tra il diritto del figlio adottato a conoscere le proprie origini e l’interesse della madre a mantenere l’anonimato. Sulla base di questo criterio, non vi sarà violazione quando sia ammesso l’accesso alle informazioni relative alla madre biologica ‘non identificative’ nonché la possibilità di chiedere alla madre stessa la reversibilità del segreto.
Le misure attinenti alla limitazione o all’esercizio della potestà, ed il rapporto tra genitori e figli pongono significativi profili critici in merito ai provvedimenti di limitazione/decadenza della potestà, con contestuale presa in carico del minore da parte dell’autorità territorialmente competente, nonché con riferimento al diritto del minore a mantenere rapporti significativi con il genitore non convivente.
In generale, è orientamento costante della Corte di Strasburgo che, ferma la necessità/possibilità dell’autorità pubblica di intervenire a tutela del minore i cui interessi siano pregiudicati, la divisione di una famiglia costituisce una misura estremamente grave che deve essere fondata su motivazioni ispirate al best interest of the child, e che siano sufficientemente solide e decisive.
La disgregazione del nucleo familiare a seguito di una vicenda separativa, divorzile o di cessazione della convivenza, incide sempre negativamente sul rapporto tra il figlio minore ed il genitore non convivente: la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, interpretando l’art. 8 Conv., ha sempre ritenuto – esprimendo un orientamento ormai ben saldo – che tale norma implica il diritto di un genitore ad ottenere misure idonee alla riunione con il proprio figlio, e l’obbligo delle autorità nazionali di assumerle onde conservare al figlio minore il beneficio derivante dal mantenimento dei rapporti significativi con entrambi i genitori.
Si tratta dei cc.dd. obblighi positivi ex art. 8 Conv.: il rispetto della vita familiare si impone all’autorità nazionale non solo come dovere di astensione dall’intervenire nelle relazioni familiari laddove l’intervento pubblico non sia adeguatamente giustificato (obbligo negativo, diritto di libertà, riconoscimento dell’autonomia della famiglia a fronte dell’ordinamento giuridico), ma anche come dovere di agire per assicurare la conservazione di dette relazioni (obbligo positivo, che postula non un’astensione, ma un preciso dovere di intervenire); la mancata adozione di idonee misure finalizzate al rispetto della vita familiare, mediante decisioni giudiziarie o altri interventi specifici ed appropriati delle pubbliche autorità, integra una violazione degli obblighi (positivi) che incombono in capo allo Stato ai sensi del citato art. 8 Conv.
Le misure di intervento richieste a tutela delle relazioni familiari e/o dell’interesse del minore debbono essere efficaci: la Corte ha precisato che l’efficacia è connessa anche alla tempestività dell’adozione di tali misure, in quanto il decorso del tempo può avere conseguenze irrimediabili sulle relazioni familiari.
In ogni caso, la Corte di Strasburgo, pur non escludendola radicalmente, raccomanda di non ricorrere – se non quale extrema ratio e mai a detrimento del benessere psicofisico del minore – alla coercizione nell’attuazione delle decisioni in ambito familiare.
Alla medesima esigenza di prudenza ed equo apprezzamento devono sempre soggiacere anche le decisioni rese nell’ambito dei procedimenti di sottrazione internazionale dei minorenni.
Ascoli Piceno 28 settembre 2013
Grazia Ofelia Cesaro
Responsabile Settore Internazionale UNCM
NOTE
1 La ricerca è stata svolta dal gruppo internazionale con la conduzione di Marzia Ghigliazza e presentata con slide che si allegano
2 La ricerca è stata svolta dal gruppo con la conduzione di Silvia Veronesi e presentata con slide che si allegano
L’attività congressuale del Settore Penale dell’U.N.C.M. si è articolata muovendo dall’esame dei contributi scritti, fatti pervenire da alcune Camere Minorili territoriali (Cosenza, Ferrara, L’Aquila, Milano, Nocera Inferiore, Reggio Calabria, Salerno, Sassari e Taranto) e dal conseguente confronto tra tutti i rappresentanti delle Camere Minorili territoriali, presenti all’incontro.
I temi congressuali, sui quali si è inteso orientare l’esame e l’approfondimento, sono stati:
In merito al primo tema individuato (Messa alla prova, trattamento e recidiva) sono stati posti due distinti interrogativi, in rapporto ai quali è stato possibile raccogliere il seguente orientamento:
1° QUESITO: Siete favorevoli ad apportare correttivi all’attuale disciplina della M.A.P.? E se sì, quali?
2° QUESITO: E’ stato possibile verificare nella vostra esperienza locale una diminuzione della recidivanza in ipotesi di accesso alla M.A.P.? E se sì, mediante l’utilizzo di quale forma progettuale e/o trattamentale?
Anche in relazione al secondo tema individuato (Trattamento dei minori stranieri, autori di reato) sono stati posti due distinti interrogativi, in rapporto ai quali è stato possibile raccogliere il seguente orientamento:
1° QUESITO: Sulla base della vostra esperienza locale è emersa la sussistenza di una diversificazione di trattamento tra minorenni stranieri e minorenni italiani, autori di reato? E se sì, in quali casi?
2° QUESITO: Avete potuto verificare in concreto situazioni di tipo discriminatorio nei riguardi di indagati/imputati minorenni? E se sì, in quali ipotesi?
UNCM riconosciuta associazione specialistica maggiormente rappresentativa dal CNF.
Nel corso della seduta del 25 ottobre scorso, il Consiglio Nazionale Forense ha deliberato l’iscrizione dell’Unione Nazionale Camere Minorili nell’elenco delle associazioni forensi specialistiche maggiormente rappresentative
L’attività congressuale del Settore Psico-sociale dell’U.N.C.M., durante lo studio e l’approfondimento all’interno del relativo sottogruppo, si è articolata muovendo dall’esame delle Relazioni di sintesi scritte, fatte pervenire da alcune Camere Minorili territoriali (Palermo, Verona, Catania, Emilia-Romagna, Cosenza, L’Aquila, Milano, Catanzaro e Picena), e dal conseguente confronto tra tutti i rappresentanti delle Camere Minorili territoriali, presenti all’incontro (Bari, Capitanata, Catania, Cosenza, Emilia-Romagna, Firenze, Lecce, Milano, Reggio Calabria e Taranto), con la preziosa partecipazione del Dott. Ignazio Grattagliano.
L’esame del primo tema individuato (Le finalità educative nel processo minorile: il ruolo dell’avvocato) è stato compiuto in sinergia e collaborazione con il Settore Penale dell’U.N.C.M. (Resp. Avv. Tiziana Petrachi), al fine di poter utilmente confrontarsi sui peculiari aspetti dell’istituto analizzato, che presenta molteplici caratteristiche tipicamente oggetto di studio nell’altro Settore.
Per i medesimi aspetti di comunanza tra i due ambiti, anche l’esame del primo tema individuato dal Settore Penale (I modelli di trattamento sanzionatorio nel processo penale minorile: esame della normativa vigente e prospettive di riforma) è stato effettuato in sinergia e collaborazione con il Settore Psico-sociale, al fine di condividere gli esiti delle rispettive soluzioni raggiunte.
Con riferimento, al primo tema individuato dal Settore Psico-sociale dell’U.N.C.M. <<Le finalità educative nel processo minorile: il ruolo dell’avvocato>>, sul quale notevole è stato il confronto e la dialettica tra i presenti, principalmente in rapporto alla sentita necessità di conferire ancor maggiore vigore ad un istituto così importante per il perseguimento delle finalità educative del processo penale minorile, qual è l’istituto della M.A.P., si è pervenuti alle seguenti conclusioni:
Con riferimento, invece, al primo tema individuato dal Settore Penale, <<I modelli di trattamento sanzionatorio nel processo penale minorile: esame della normativa vigente e prospettive di riforma>>, dopo la rinnovata e unanimemente condivisa posizione sull’opportunità di prevedere nuovi e/o diversi trattamenti sanzionatori per i minorenni, si è pervenuti alle seguenti conclusioni:
Con riferimento al secondo tema individuato <<La sindrome da alienazione genitoriale (Pas): i nodi problematici e metodi di accertamento>>, la discussione tra i presenti è stata particolarmente efficace e costruttiva anche al fine di fugare i luoghi comuni e le strumentalizzazioni che sono state effettuate sul tema da operatori e non del diritto.
Alcuni necessari chiarimenti sono stati unanimemente condivisi e considerati essenziali, al fine di operare delle scelte opportune in materia.
Il dibattito si è concluso sostenendo e sottolineando l’obbligo deontologico, gravante sugli avvocati minorili, di specializzazione e di acquisizione di una cultura multidisciplinare, che consenta di comprendere condotte patologiche dei propri assistiti, al fine di cooperare e sollecitare il sostegno necessario.
A tale fine si è, altresì, condivisa la necessità di elaborare dei protocolli sulle consulenze tecniche di ufficio, che determinino conseguentemente delle prassi condivise e virtuose.
Con riferimento al terzo tema individuato, <<Minori e scuola: l’educazione alla legalita’ e la prevenzione della devianza in ambito minorile>> il confronto è stato interessante ed ha avuto come importante spunto il contributo delle seguenti Camere Minorili: Picena, d’Abruzzo e Cosenza. Successivamente all’evento congressuale è pervenuto anche il contributo della Camera Minorile di Milano.
E’ stata una importante occasione per ribadire la rilevanza delle finalità dell’educazione alla legalità.
Il dibattito ha avuto ad oggetto la sintesi delle esperienze condotte, a livello locale, dalle tre Camere Minorili sopra indicate (Picena, d’Abruzzo e Cosenza), che hanno rivolto la loro attenzione ad alcune scuole primarie di classe quarta e quinta ed alle scuole medie secondarie, sia inferiori che superiori.
Da tali esperienze è emerso con chiarezza l’assoluta importanza del ruolo della scuola nella diffusione della coscienza e conoscenza di una cultura della legalità, che passi attraverso la comprensione della centralità del rispetto delle norme del vivere sociale e dell’altro da sé, oltre che la presa d’atto della responsabilità delle proprie scelte. Il risultato delle sperimentazioni, insieme alla discussione emersa, hanno pertanto consentito di giungere alle seguenti conclusioni:
Firenze, 22 ottobre 2011
Avv. Katia DI CAGNO
Responsabile Nazionale Settore Psico-sociale U.N.C.M.
Ascoli Piceno ospita il 27 settembre 2013 il V° convegno nazionale dell’Unione Nazionale Camere Minorili: Essere e tempo – Infanzia e adolescenza: Giudice, Processo, Giustizia. Idee a confronto tra utopia e progettazione.
Il Convegno è accreditato per la formazione forense con 10 crediti formativi di cui 4 in materia deontologica.
Per iscrizioni, informazioni e prenotazioni consulta il modulo allegato.
A seguire, il 28 settembre 2013, si tiene il congresso nazionale dell’UNCM.
L’UNCM, preso atto della ratifica all’unanimità e in via definitiva della suddetta Convenzione
esprime viva soddisfazione
in particolare in merito agli aspetti riguardanti ogni forma di violenza sui minori e la necessità di considerare come grave forma di violenza la cd. violenza assistita, aspetto che assume nei commenti dei media nazionali poca attenzione e che, viceversa, ha grande importanza : nel Preambolo della Convenzione si riconosce come essenziale il principio che “i bambini sono vittime di violenza domestica anche in quanto testimoni di violenze all’interno della famiglia”;
condivide e apprezza
– la puntuale definizione del concetto di violenza domestica (art. 3, lett. b),
– l’opportuna precisazione che <<con il termine “donne” sono da intendersi anche le ragazze di meno di 18 anni>> (art. 3, lett. f),
– l’indicazione degli obblighi degli Stati in tema di <<protezione e supporto ai bambini testimoni di violenza>> (art. 26),
– la previsione dell’art. 31, nella parte in cui stabilisce che gli Stati adottino misure legislative o di altro tipo necessarie per garantire che al momento di determinare i diritti di custodia e di visita dei figli, siano presi in considerazione gli episodi di violenza che rientrano nel campo di applicazione della Convenzione,
– la previsione dell’art. 46, lett. d, nella parte in cui prevede, come aggravante specifica, l’aver commesso il fatto su un minore o in presenza di un minore,
– la previsione del principio che “un bambino vittima o testimone di violenza contro le donne e di violenza domestica deve, se necessario, usufruire di misure di protezione specifiche che prendano in considerazione il suo interesse superiore” (art. 56 co.2),
osserva con rammarico
che l’approvazione “secca” della Convenzione non prevede voce di spesa per la sua “traduzione” in legge;
auspica
pertanto che i Ministeri preposti rappresentati dalle Ministre Cancellieri-Bonino-Lorenzin-Idem e che il Parlamento tutto nel pieno delle sue funzioni, possano quanto prima rendere eseguibili le previsioni convenzionali, anche attraverso le norme applicative;
auspica altresì
che intervengano a livello internazionale, le necessarie e ulteriori ratifiche operate da almeno cinque altri Stati, per raggiungere il numero di dieci ( di cui almeno otto membri del Consiglio d’Europa) necessari all’entrata in vigore;
auspica infine
che le misure sociali e di prevenzione raggiungano gli obiettivi prefissati, ciò che la mera giustizia penale da sola non può raggiungere. Si rammenta che il Consiglio d’Europa raccomanda la creazione di un centro antiviolenza ogni 10.000 abitanti e 5.700 posti letto in case rifugio. Un impegno economico e organizzativo più che decuplicato rispetto ai nostri 500 posti in case rifugio per le donne e i loro figli minori;
ricorda all’uopo
la preziosa esperienza del Regno Unito che in sette anni ha drasticamente ridotto la violenza domestica del 64 per cento (il numero delle vittime è passato da 49 a 5), centrando tutto sul coordinamento di tutte le forze in campo. Così come spiega Patricia Scotland (deputata UK e impegnata nella lotta alla violenza domestica da 35 anni) “Il primo passo è un monitoraggio delle forze in campo e di quello che manca. Il piano strategico è una sorta di staffetta, ognuno corre i suoi cento metri, e alla fine ne abbiamo fatti diecimila invece di mille e nessuno si è stancato!”.
A tal fine
l’U.N.C.M è disponibile a “correre i suoi cento metri” e si dichiara disponibile a collaborare con le istituzioni per rendere effettivi principi così importanti, nell’obiettivo di tutela dei soggetti deboli.
Milano , 24 giugno 2013